Quei luoghi di confine, dove tutto inizia, tutto finisce, dove la cultura è contaminazione, dove la storia è subito nostalgia hanno un fascino particolare ed un po’ nostalgico.
Istanbul è anche là dove si perde la terra dentro al mare fino quasi al niente e poi ritorna terra e non è più occidente. Guccini canta bene quelle suggestioni di un mondo di confine, in mutazione non si sa bene come, sospeso tra due continenti e due ere. Vede il caos di genti diverse, le folle all’ippodromo, un impero che dai fasti volge al declino.
A ben vederla, oggi questa città preda di smisurate plebi del turismo forse ricorda più un’altra città cantata da Guccini: Venezia. Ti accorgi che la Torre di Galata è solo un bel giro di giostra, o anche il nome di un ristorante. Così Istanbul è anche un sogno di quelli che puoi comperare, a patto di destreggiarsi tra musei i cui prezzi salgono di giorno in giorno. Complice una lira turca in preda ad una inflazione galoppante. Sembra di essere in Argentina: qui però c’è l’euro come moneta di riferimento, te lo rilasciano anche i bancomat, mentre per pagare in valuta locale si prende un calcolatore e si fa la conversione sul momento.
Istanbul è una città notevole, che sorprende fin dal primo sguardo con le sue architetture, i dolci, le botteghe, una metropolitana sotto il mare, lampade e tappeti. Ottima l’idea di prendere una guida in italiano per un giorno!
Tra le grandi architetture, imperdibili sono la basilica di Santa Sofia (oggi resa una moschea), la Cisterna Basilica, la Moschea Blu, la moderna piazza Taksim con il quartiere della Istanbul moderna (dove sembra di essere in via Roma a Torino, per dire). Ed è la stessa città che ospita i quartieri da cui furono cacciati i greci negli anni ’20. I contrasti convivono e sono ovunque.
Le grandi moschee sono una caratteristica di questa città. Moltissime sono aperte alla visita, magari parziale e da ingressi laterali per non disturbare le preghiere. Più volte al giorno ed anche in piena notte non è insolito essere destati dai megafoni che diffondono la parola di Allah.
Un inciso lo meritano i gatti. I gatti in Turchia sono più che mai vezzeggiati. Li trovi ovunque, negli alberghi e addormentati tra gli oggetti in vendita sulle bancarelle. Portati inizialmente per mangiare i topi, oggi i gatti continuano ad essere apprezzati, sono tutti molto domestici e si lasciano coccolare di buon grado.
Dopo la modernizzazione impressa da Mustafa Kemal, oggi la Turchia è di nuovo in bilico tra le tentazioni dei fondamentalismi religiosi. Così il velo sta tornando in vigore, un po’ per volta, inesorabilmente, speriamo che non vada a finire come nella Persia degli anni ’70. All’aereoporto di Kayseri, l’effigie di Atatürk stride accanto a quella dell’attuale leader del governo turco.
Tra tutte le visite, una chicca è stata quella imprevista all’hotel Pera. Sembra di viaggiare nel tempo indietro di un secolo, tuffati nei ricchi fasti di un tempo, quando si accendono le prime luci elettriche. Ma può pure succedere la sera di sedersi in un locale della notte come ce ne sono tanti e scoprire all’improvviso che al suo interno cela storie incredibili e recondite bellezze.
Altra situazione difficile da immaginare è quella del ponte di Galata. Sotto via vai tra ristoranti. Sopra fila di pescatori. Cose strane, cose turche, come le bancarelle di castagne. Pare che qui ne vadano pazzi.
Tutta suggestione è pure la stazione ferroviaria Sirkeci. Basta andare a Trasquera (Piemonte), prendere un treno e arrivi qui. Ma è proprio vero? Tante sono le varianti ed i riferimenti letterali dell’Orient Express. Mio Dio là in Asia che cos’è, c’è in quella terra una luce in più, c’è chi ne è vinto e non torna più. [V. Negrini]
Istanbul è pur sempre una città, qualcosa di estremamente faticoso da visitare, più sfiancante che fare 2000m di dislivello. Così saluto con piacere l’arrivo a Goreme, dove ci aspetta la seconda metà della settimana di viaggio. Un po’ più all’aperto.
Qui l’interesse diventa prevalentemente naturalistico, ma non del tutto. Le spettacolari formazioni geologiche della Cappadocia infatti rivelano anche sorprendenti architetture dell’ingegno umano, scavate proprio in quelle curiose rocce. Chiese, piccionaie (per il commercio del guano!) e addirittura città sotterranee in cui trovano rifugio i primi cristiani. Quindi più che di trekking in questi giorni è più corretto parlare di coinvolgenti camminate guidate: il viaggio prevede una guida locale che ci racconta il significato di quello che possiamo osservare. Solo il celeberrimo cammino delle fate non ha bisogno di presentazioni.
A guardarla da lontano la Cappadocia sembra terra arida e secca. Invece ovunque si cammina tra frutteti: susine, noci, albicocche, ciliegie e altre varietà di frutti.
Se la Valle di Ihalara pare un po’ monotona, un continua sorpresa la ritroviamo nel percorrere le Valli Rosa e Rossa. Ovunque troviamo chiese bizantine e cunicoli scavati nella viva roccia. Degno di nota da questo punto di vista il museo aperto di Goreme.
Attenzione, in Cappadocia può fare molto caldo, un caldo torrido e limitato alle ore centrali. Nel caso preferire partenze assai mattutine, in modo da concedersi un ritmo più blando nel cuore della giornata. Questo si concilia poco con le colazioni degli alberghi servite solo dopo le 8. I terreni sono molto polverosi, da far sanguinare le narici.
Resta una sensazione di non provato, penso che la Cappadocia possa essere camminata di più, magari con una salita ai grandi vulcani della regione. Ma sarebbe un altro viaggio.
Ci sarebbe ancora tanto da raccontare, ma mi limito a ricordare l’esperienza in mongolfiera. Simbolo della Cappadocia, nell’aurora di ogni giorno i cieli si tappezzano di palloni. Vedere l’alba da quassù è una esperienza da provare, a patto di sapersi destreggiare tra prezzi che volano assai più in alto delle mongolfiere.
Un ultimo sguardo ad Avanos: attraversiamo il traballante ponte pedonale sul fiume rosso; tra bancarelle e case greche è già ora di tornare. Conserverò un caro ricordo di queste terre aride, gente accogliente, gelatai pazzi ed una enorme città di grande fascino.
Viaggio di gruppo “Istanbul e Cappadocia Freak Style” tra il 22 ed il 29 giugno dell’Agenzia Vagabondo. Un bel viaggio può essere tale solo con una impareggiabile compagnia. Ringrazio e ricordo con affetto la simpatia dei compagni di viaggio; grazie alla strepitosa doc Annarosa che ha organizzato tutto con grande passione e entusiasmo.