Vettenuvole

Reali fantasie di nuvole, montagne e altre amenità

Traversata della Roncia

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Siamo al Lago del Moncenisio, in quel settore delle Alpi studiato a scuola perchè segna il confine tra le Alpi Graie e le Alpi Cozie. Qui infatti la catena alpina smette di seguire la direzione est-ovest, per piegare verso sud. Difficile oggi immaginare le forze dell’oceano ligure-piemontese che hanno creato queste montagne, oltre 60 milioni di anni fa. Si potrebbe dire che le Alpi siano ormai un manufatto destinato a sparire, eppure nel Vallese ancora adesso non mancano terremoti significativi.

La nostra meta è la traversata della cresta che circonda questo enorme lago sul lato orientale. Nonostante non ci siano difficoltà alpinistiche, il tratto che risale il Signal du Grand Mont Cenis presenta passaggi aerei con qualche tratto di I grado. Questi banali passaggi sono esposti a N e possono diventare pericolosi in presenza di verglas, porre quindi attenzione alle condizioni.

Perchè venire qui? Si tratta di un luogo molto piacevole e rilassante, tutto il giro ad anello offre un panorama davvero notevole. Il primo tratto, dal Plan des Fontainettes al Col du Lou, avviene tra ameni praterie di stelle alpine, su una strada militare, uno dei tanti retaggi presenti in queste zone della Linea Maginot. Solo il tratto terminale è crollato e occorre rammendare i resti della strada tra detriti.

Dal colle con una breve deviazione siamo al Sommet de la Nunda, con ottima vista su Lanslebourg. Per salire al Signal du Grand Mont Cenis il terreno è prevalentemente roccioso. Facile, ma occorre cercare la strada migliore nei pressi della cresta, senza farsi tentare dai lati. Siamo in presenza di calcescisti, una roccia tutt’altro che solida, foggiata con le caratteristiche lamelle che si staccano ad ogni occasione. Solo nei pressi del cappello sommitale occorre seguire gli ometti sul versante sud, dove si intercetta una canale franoso che porta agevolmente a pochi metri dalla cima.

Tutta la traversata si tiene ora tra circa 3400 e 3600m di quota. Dalla vetta in poi prevalgono i detriti. E chi conosce i calcescisti sa bene che nella forma detritica diventano un improvviso piacere per il cammino. Bastano pochi passaggi per formare comodi sentieri, molto lisci e ben ammortizzati. Superiamo una cima con antenna, ad un intaglio segue un breve passo di II grado o, se preferite, una risalita su cengia-canale malefico un po’ più a sinistra. Successivamente i detriti ed il comodo sentierino consentono una agevole salita sulla Punta Roncia.

Nei pressi della cima, massima elevazione di oggi, è possibile osservare numerosi resti glaciali necrotici, tra morene e rocce di recente scopertura. Alcuni resti di ghiaccio duro e nero sembrano sciogliere oggi dopo millenni di presenza, introducendo le nuove generazioni a quelle che saranno inevitabili crisi di siccità.

Dalla Roncia una decisa discesa ci raccorda al resto della cresta, che prevede ancora una faticosa salita a diversi rilievi, in particolare la Cima dell’Haie. Davanti a noi dominano la Charbonelle e dietro l’Albaron di Savoia. Le nebbie celano in gran parte un panorama invidiabile. Molto suggestiva la vista sul Vallon du Ribon, una vera e propria valle glaciale che probabilmente solo un centinaio di anni fa era ancora percorsa dal ghiacciaio vallivo del Rocciamelone, almeno in parte.

Passo dopo passo siamo in cima alla Lamet, la cui vetta è un blocco di pilastri dove una losa riporta il nome della vetta. Ancora una discesa, ancora una salita all’aguzzo Signal Du Lamet. Poco sotto, dal Signal du Lac si prende una traccia verso S, iniziando una lunga discesa. Prima tra balze, poi di nuovo detriti di calcescisti, che come piacevoli materassi agevolano la strada verso valle.

Finiti i calcescisti discensori la strada del rientro si fa discutibile. Alcuni ometti consigliano di continuare a scendere, opzione forse migliore, per poi tornare a destra in basso verso il Plan des Fontainettes. Noi invece seguiamo una “traccia” trovata qui, che in realtà non esiste, se non per la presenza di rari ometti. Per “assurdo” solo nel tratto finale non troviamo sentieri e il cammino si fa un po’ più scomodo.

Alcune relazioni consigliano di venire qui con abbondante neve, ma non penso di essere d’accordo. Con la neve i tratti in cresta iniziali rischiano di essere più delicati; occorre una dotazione alpinistica inoltre. Meglio viaggiare leggeri, considerato che i materassi di calcescisti offrono un ottimo agio alle articolazioni in paragone a moltissimi altri terreni. Assolutamente concorde a non consigliare il percorso inverso, perchè costringerebbe una faticosissima salita tra i detriti indietrosi  che difendono il Signal du Lac.

Ecco terminata una splendida giornata, iniziata con la luna piena e terminata dopo un lungo cammino tra montagne panoramiche dove la mente spazia lontana seguendo le distanze che si aprono agli occhi.

Con Alex the Life Coach.

Bibliografia Web

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