Vettenuvole

Reali fantasie di nuvole, montagne e altre amenità

La moquette

Stiamo parlando dell’angolo più settentrionale del Monte Bianco. Quello dell’Orny-Trient, poco a nord del bacino dell’Argentiere e Chardonnet. Un angolo particolarmente delizioso per piacevoli rampicate in ambienti davvero straordinari.

Poco oltre il comune di Orsieres, presso il paese di Champex, la seggiovia La Breya porta ai Grands Plans a 2188m, oltre il confine delle rade abetaie che impreziosiscono questo delizioso angolo del Vallese. Un piacevole sentiero attraversa a mezza costa per condurre in un paio d’ore alla Cabane d’Orny, posta in un ampio circolo detritico dominato dall’omonima aiguille.

I pilastri di granito che si ergono in questo semicerchio catturano la vista per la loro slanciata forma, tipica tra le montagne del Bianco. Più grossa e maestosa l’Aiguille d’Orny, un po’ nascosto il Gendarme d’Orny, pilastro al margine dell’Aiguille de la Cabane. E poi il Portalet per chi ama gli sviluppi in stile yosemitico. Insomma, ce n’è davvero per tutti qui.

Da almeno una decina d’anni speravo di fare una visita in questi luoghi, dove si trova il meglio delle rampicate sul Bianco: roccia buona, vie quasi “facili”, buone protezioni e ancora la possibilità di una semplice integrazione in fessura qualora non ci si senta sicuri. Per contorno un ambiente spettacolare e poca folla. Gli unici rumori sono quelli dei Portalet, un continuo franare dalle pareti prive di ghiaccio proprio di fronte al rifugio.

Salendo, in giornata, scaliamo il Gendarme per la via Papa Paye. La prima lunghezza (bollo rosso e scritta sbiadita) è lichenata, poi migliora. Non è la “solita” placca. Su questo granito tocca un po’ rimparare per salire nel modo corretto fessure, diedri, passi di equilibrio per evitare il più possibile l’uso della forza. Perchè il gendarme è davvero verticale. Le protezioni però sono ottime.

Sul secondo tiro un passo chiave per entrare in un diedro-cengia va interpretato correttamente per evitare atletismi inutili. Rispetto alla relazione presente su “Monte Bianco – classico e plaisir” di Romelli, la terza lunga lunghezza è stata spezzata in due (sosta intermedia su due spit da collegare) ed evita così attriti di corda. Solo l’ultima lunghezza è poco protetta e occorre fare attenzione a posizionare protezioni all’inizio dell’ultimo dietro-fessura per non formare attriti sul cambio di pendenza e direzione. Questa lunghezza è solo 4c, ma a volte si fatica a distinguere questi gradi: soprattutto il primo passo è un po’ “dolomitico”.

Dalla vetta del gendarme scendere il prima possibile sul versante est, dove gli ometti portano ancora più a est per trovare il canale detritico che scende all’attacco dove abbiamo lasciato gli zaini.

L’arrivo al rifugio è veloce tra ometti e pietraie, passando sotto l’Aiguille de la Cabane.

Il giorno successivo saliamo l’Aiguille d’Orny per la moquette. Si tratta di una delle vie più belle che abbia salito su granito. Almeno per l’ambiente, la qualità della roccia e la varietà dei passaggi (spigolo, diedro, fessurine). Il primo tiro è sempre il più ostico, anche qui un passo traverso di equilibrio sul filo dello spigolo, in piena esposizione. Notevole il verticalissimo quarto tiro di 5b, dove si trovano i giusti appigli tra fessure e spigoli. Una roccia rugosa e aderente porta al pilastro finale. Un movimento sul primo tiro di 4c risulterebbe difficilissimo se non si trovasse la presa nascosta sulla destra del tettino. L’ultimo tiro è un capolavoro: un lungo diedro all’apparenza impossibile in cui sorprendentemente c’è tutto quel che serve per salire quasi con agio.

Dalla vetta una doppia di una quarantina di metri porta ad una comoda cengia da cui si esce sui pendii detritici. Qui, al riparo dal vento che soffia in cima, è gradevole prendere il sole e ammirare il piacevole panorama sul bacino del Trient e la Cabane d’Orny, proprio sotto di noi. Un comodo canale con passi di semplice arrampicata riporta all’attacco. Così a occhio non conviene passare per il canale diretto verso il rifugio. Sembra piuttosto ostico e pericoloso, con pochi segni di passaggio, al contrario di quanto accade per il percorso di ritorno verso l’attacco.

Consiglio di venire qui almeno due o tre giorni con assoluto beltempo e un minimo di allenamento. La Svizzera è ormai carissima (mezza pensione circa 80€, pare tuttavia possibile piazzare tende nei dintorni del Lago d’Orny), ma i luoghi e gli itinerari meritano. Brevi avvicinamenti, discese comode e vie discretamente ben protette completano un quadro idilliaco.

Ringrazio Roberta per avermi accompagnato qui.

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