Bal du Cosmo
Viaggione cosmico in Vanoise per tornare negli splendidi ambienti dell’Aussois, poco oltre Lanslebourg. Il pianoro del Refuge du Fond d’Assois è già un luogo in cui meriterebbe fermarsi un weekend.
Le foto sono tutte di Gianni.
Vorremmo provare a salire Bal du cosmo alla Cime des Planettes. Non so se qualcuno ha mai tradotto questo libro di MacDonald. L’avvicinamento più breve è consigliato dal Refuge Peclet-Polset, ma risulta assai lontano per chi proviene dall’Italia. Meglio salire al Refuge du Fond d’Aussois e recarsi alla breche de la Croix de la Rue. Si scende quindi l’orribile gola attrezzata con corde fisse, facendo attenzione a non provocare scariche.
Inizia quindi un lungo traverso verso N, tra pietraie prive di ogni traccia, fino a reperire l’ometto che segna l’inizio della via, in prossimità del punto più basso della parete W della Cime des Planettes.
La roccia è una insolita quarzite molto fine e salda, pura placca di aderenza. Sembra che questa roccia risalga al periodo di transizione Permano – Triassico, quello della più grande estinzione di massa del pianeta, causata da insolite eruzioni in Siberia, estese su un’area di mezzo continente. Non è quindi la solita roccia delle Alpi, metamorfica (gneiss, serpentinite, scisti) o ignea intrusiva (granito). A me sembra ci sia anche una componente di micascisti o qualcosa del genere, resta indubbio che è molto salda.
Nonostante la parete sia coperta di alghe, l’aderenza è lo stesso formidabile. Camp2Camp propone una protezione P1 su cui sono in totale disaccordo. Se, per dire, lo spigolo nord del Badile è P3, questa merita almeno un P2. Non capisco perchè inventano una miriade di classificazioni per descrivere ogni particolare situazione se poi vengono immancabilmente barate. Le protezioni sono davvero distanti, fino a 6m o più e la placca non ammette ancoraggi mobili. Solo il diedro di L4 è protetto leggermente meglio, ma occorre considerare che tutta la via viaggia sulla media del 5b, a volte un po’ di più, a volte poco meno. Per chi poi è limitato al 5c, il “po’ di più” può avere un profondo significato.
Fin dalle prime ore, nonostante le buone previsioni meteo, una nube fantozziana dimora sopra la cima, impedendo al sole di raggiungerla. Intorno alle 16:30 ci mancano due lunghezze, un veloce 4c che è in parte un trasferimento e l’ultima lunghezza di 5b (5c+ secondo alcuni).
Mentre nei dintorni continua a splendere il sole inizia una fitta pioggia, poi grandine, che continua per almeno 40 minuti. Il sole successivamente continua a splendere solo nei dintorni, inclusa la vicina Observatoire, così la parete non asciuga. Le placche prima aderenti, ricoperte di alghe, rendono la roccia una saponetta. Scendere in doppia a 30m dalla cima è un’impresa, oltretutto le soste non hanno catene e maillon.
Non voliamo, per fortuna, ma sicuramente volano tante madonne. La vista del sole a poche centinaia di metri è una beffa insopportabile. Non senza pochi rischi e con grande coraggio il socio Watson riesce ad evitare le placche di L12 per un’avventurosa variante improteggibile sulla destra, per poi ricongiungersi con l’ultima sosta di Bivouac cosmique. L’ultimo tiro di questa via è breve e consente una rapida fuga, ma una nuova grandinata sotto il sole che ora splende spavaldo rende terribile questa lunghezza: è scivolosa come il ghiaccio. Il glorioso Watson la affronta in artificiale raggiungendo la cima con disperazione. Sono le 20.
La chiodatura è per lo più intelligente, ma davvero molto molto distanziata per affrontare una salita di questo grado con spensieratezza. In più, se il meteo qui è sempre così, raccomando di venire solo se si escludono nella maniera più assoluta e categorica le precipitazioni. Diversamente si rischia la vita.
Ritorno di notte spaventati dagli echi sinistri degli alanus horribilis.
Sul web:
- relazione CamptoCamp
- relazione grande voie
- chi trova il cranio dell’Alanus Horribilis, belva terrificante estinta decine di milioni d’anni fa.
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