Eccoci proiettati verso nuovi insuccessi. Si parte verso l’Aiguille de Leaschaux, meta da tempo ambita. Una meta piuttosto spietata negli ultimi anni a causa dello stato sempre più tormentato dei ghiacciai.
Ma ora c’è ancora neve, siamo a inizio estate. Bisognerà al limite sopportare qualche fastidioso sprofondamento.
In effetti gli sprofondamenti iniziano già prima di arrivare al famoso Bivacco Gervasutti.
La costruzione appare dal basso assai entusiasmante. Si trova su un isolotto roccioso, sospesa sul baratro e si raggiunge con una breve arrampicata allestita su corde fisse.
Entrare dentro questa costruzione è disorientante, non si capisce bene se si accede ad un sottomarino… o ad una stazione spaziale. Il bivacco è confortevole, un prefabbricato costruito seguendo criteri ecologici, dotato di illuminazione elettrica fornita da pannelli fotovoltaici che alimentano anche un PC (forse a volte connesso a Internet?) e un sistema che controlla l’anidride carbonica presente all’interno. Anche una piastra per cottura al momento non funzionante. Siamo sospesi sul vuoto, con un’ottima vista verso la valle.
Non lascia indifferenti questo bivacco: o piace o non piace. A me piace. Congratulazioni al SUCAI per questo ambizioso progetto. C’è da chiedersi se sono stati calcolati i costi di gestione. Più si aggiunge tecnologia, infatti, più si aggiungono cose che si rompono. L’auspicio è che il CAI abbia la possibilità di mantenere questo gioiellino e che i visitatori ne siano rispettosi.
I letti sono comodi; purtroppo l’isolamento termico per la notte è scarso, ma penso sia paragonabile a quello dei tradizionali modelli Apollonio.
Il bello viene al mattino quando alle 4h ci si alza, destinazione Aiguille de Leschaux. Appare subito evidente che il rigelo notturno non ha prodotto effetti significativi. Si sprofonda parecchio: trenta centimetri, a volte di più, a volte di meno. La salita è piuttosto snervante, bisogna farla con pazienza, è positivo che non ci siano ancora i pericoli dei crepacci.
Sali e sali arriviamo alla crepaccia terminale, già molto aperta e delicata. Oltre il terreno si fa davvero ripido, e la neve tende alla pappa. Comunque arrivati alle roccette che separano i due bacini glaciali salgo per una lunghezza di corda, mentre il flippangher congela facendomi sicura. Poi mi raggiunge e mi intima una veloce ritirata. Forse la terminale lo ha inquietato troppo o è stato toccato dal Grande Spirito.
Anche continuando la salita non è detto che saremmo arrivati in cima. Ma è un gran rammarico rinunciare con buone condizioni e dopo tutta questa fatica… beh se volete fare un salto qui vi abbiamo lasciato una bella traccia. Poi forse arrivato ad una certa età dovrei smetterla con l’alpinismo… estremo, no mai fatto; classico ehm…quasi neanche no, rudimentale, cioè semplice, anzi for dummies con l’alpinismo. Beh comunque sono contento: l’ultima volta che eravamo venuti qui non avevamo trovato nemmeno il Bivacco Gervasutti!
Con Ziano il flippangher che ha perso il berretto!
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Che tristezza invecchiare!
“Eccoci proiettati verso nuovi insuccessi”: un incipit davvero geniale! Comunque siete tornati a casa pieni di montagna negli occhi e nelle gambe…che è già un gran successo di per sé!
eh eh, sì hai ragione… E poi è più importante riuscire a partire che non riuscire ad arrivare.
Ti ringrazio, buone arrampicate
Concordo, l’incipit è davvero geniale 🙂