Traversata completa della Sella d’Albaron
Volete passare un ferragosto tranquillo, su belle montagne e lontani dalla ressa? Ecco l’Albaron di Savoia, 3627m, poco oltre il confine di stato, che si presta proprio per una salita in un luogo superbo e selvaggio, tra lunghi valloni e sperduti versanti dove la vista si perde tra spazi incontaminati e lontani panorami. Si parte alle 5h30′ dal Pian della Mussa (1840m). Si entra nel Pian Gias (2500m c.ca), un lungo e arido vallone formato da permafrost e ghiaccio vitreo, necrotico. Un tempo dimora di un lungo ghiacciaio, resta oggi un falsopiano grigio, detritico, dal sapore tibetano.
La salita del Pian Gias avviene su terreno privo di sentiero, tra blocchi instabili che nascondono a tratti insidie del ghiaccio morente, che a tratti si rispunta dal sottosuolo con incredibili crepacci e grotte nelle quali l’acqua precipita in buie e profonde insenature. Il Pian Gias termina a N con il Monte Collerin e a W con la Punta Chalanson, montagne poco più alte di 3400m. In mezzo trova spazio il detritico Passo di Chalanson Superiore, la nostra meta sulla frontiera italiana.
Sono vent’anni che cerco di salire sull’Albaron: causa un’incredibile serie di giornate di cattivo tempo non ci sono mai riuscito. Stamattina è nuvoloso, con il tenace Graziano, compagno di tante avventure, si decide lo stesso di partire. Verso l’alba rasserena, spunta la Ciamarella, la Bessanese, su tutte le vette risplende un bel sole. Ma sull’Albaron sembra continuare la maledizione: una fumosa tormenta avvolge la vetta. Arriviamo sulla spianata detritica del Passo Chalanson Superiore senza incontrare un’anima viva. Calziamo i ramponi e saliamo il ghiacciaio francese Des Evettes, che porta agevolmente e senza crepacci (un anno fortunato!) alla cosiddetta Sella d’Albaron. Si tratta della cresta che unisce il Monte Collerin all’Albaron. Assomiglia in modo verosimile ad una sella di cavallo, da cui prende il curioso nome. Giunti su questa cresta incontriamo due validi escursionisti, gli unici incontrati in questa giornata lontani dalle folle ferragostane. Insieme affrontiamo la cresta finale che porta in vetta. Una cresta di rocce e sfasciumi, al limite dell’alpinismo tecnico, con tratti molto ripidi, ma sempre facili e senza passi obbligati. Incredibile, salendo le nebbie orografiche spariscono a favore di un radioso sole! A 6h dalla partenza siamo in vetta. L’Albaron è una montagna piallata: sulla vetta c’è un ampio pianoro detritico-nevoso, che contrasta con l’affilata cresta della via normale da noi percorsa. Ci compiaciamo vicendevolmente per l’azzeccata scelta di itinerario e giornata.
Ridiscendiamo per la cresta e decidiamo di concatenare il vicino Monte Collerin, all’estremità opposta della Sella. Si prosegue agevolmente sulla cresta, sempre facile, una minima salitella finale porta al Collerin, che precipita con una verticale parete S sul Pian Gias. Scendiamo quindi tra placche e nevai verso un sistema di cengie che sul versante francese consente l’accesso al Passo Collerin, a 3200m di quota. Questa discesa è stata un’inedita avventurosa ravanata, ma la letteratura è amica e dice che seppur delicato il percorso è semplice. Il Passo interrompe la ripida parete che s’innalza sulla frontiera italo-francese, consentendo uno stretto passaggio utilizzato già nei secoli passati da contrabbandieri e bracconieri. Fino a dieci-quindici anni fa il ripido canalino d’accesso al colle sul versante italiano era nevoso, oggi invece restano ripidi detriti instabili e pericolosi in caso d’affollamento. Scendiamo rischiando di assassinare una comitiva di francesi di ritorno verso casa.
Presso il colle si mostra in modo molto evidente un bellissimo fenomeno di nubi orografiche. Il versante francese è docile e scende graduale verso ampie valli e pianure. Quello italiano scende ripido e improvviso sull’umida Pianura Padana. Una vera fucina di nebbie, che salgono rapide gli scoscesi pendii per poi arrestarsi presso le vette dei confini. Un mare di nubi in Italia, un bel sole in Francia e la catena alpina che sembra contenere come un enorme catino la sterminata distesa nuvolosa.
Un’ultima lunga discesa ci riporta al Pian della Mussa, quest’anno semideserto grazie ad una iniziativa del Comune di Balme che impone un parcheggio a pagamento: 3€ al giorno. Il movente sta nella necessità del comune di pagare lo smaltimento dei rifiuti che i merenderos abbandonano sul Piano, preso d’assalto ogni week end estivo. Ma le moto non sono tenute al pagamento, e nemmeno chi va a mangiare presso il Rifugio-Albergo Città di Ciriè, che dispone di un parcheggio privato. Arrivando di notte, poi, tocca litigare con i parchimetri, che accettano solo monete e non danno resto. Bisogna arrivare con i soldi contati, altrimenti al ritorno si trova il verbale della multa, come successo ai nostri amici escursionisti. In altre parole a rimetterci sono proprio gli alpinisti, che in genere i rifiuti li portano a valle. Tant’è, lo scopo del Comune è raggiunto: i turisti sono scappati quasi tutti, il Piano è semideserto e il Rifugio Gastaldi, a 2h dai parcheggi, non gioisce certo della situazione.
Disagi logostici a parte, è stata una bellissima giornata, tra paesaggi aspri e sterminati, su una vetta dura da raggiungere, con i suoi 1800m di dislivello. Ma tutto il pesantore e la stanchezza sembrano volare via di fronte alla grande soddisfazione regalata tra vette che sfiorano il cielo e panorami incantevoli.