Forse l’avevo già scritto: mai lasciare le cose a metà. E così rieccoci a Rocca Sbarua per finire la via Cinquetti, lasciata a suo tempo nella pioggia di un umido autunno.
Anche questa è una giornata dal sapore primaverile, tiepida, con la roccia calda e nessuna traccia di neve o ghiaccio sulla Rocca. Il föhn impera. Una gran bella via, oggi semplice, ma un indiscusso capolavoro per i primi salitori degli anni ’30. Esteticamente ineccepibile, offre assaggini di un po’ di tutto: diedri, fessure, placche, traversi, dülfer. Su di uno gneiss molto aderente. Un rilassante piacere della roccia, che libera la mente e rende piacevole il viaggio sulla parete soleggiata.
Ahimè, per inciso, mi è caduto un contenitore con un bell’orologio, malediz! Per un fortuito caso le chiavi della macchina erano da un’altra parte (rischiato incubo totale).
Saliti in stile leggero e allegro. Con Paolo e la neofita Cristina – le tue bacche tibetane sono eccezionali! – che dimostra ormai padronanza dell’ambiente. Un particolare ringraziamento a Giancarlo, per le corde, l’attesa e la compagnia in questo giorno di gennaio teporoso a Sbarua. Giornata terminata nel crepuscolo serale di Casa Canada.
bravi, io mi sono accontentato di alcune tachipirine…
Marco, se Cristina continua così ti toccherà fargli da secondo di cordata! 🙂
Non ne dubito vista la sua attitudine, ne sarei onorato.
…e poi il ruolo di zavorra mi s’attaglia 🙂
la zavorra ti si attaglia quando la “ralla” ti attanaglia?
dimenticavo trattasi della famosa ‘Ralla di Guastallla’
la ralla è insita in me come lo stesso respiro.