Ci sono delle montagne la cui salita è un piacere scaturito da una lunga immaginazione, un desiderio protratto da anni. Non dipende dalla difficoltà o impegno richiesti per raggiungerle: sogni e desideri stanno su lunghezze d’onda di un’altra natura. La Punta Ondezana, nel Parco del Gran Paradiso, è una montagna che si presta ad immaginazioni. Appartata, un po’ al margine di altri “giganti” del Parco, conserva un fascino da scoprire nel selvaggio e dirupato vallone del Piantonetto. Qui ogni cima potrebbe parlare per ore, raccontando imprese alpinistiche, ma anche di acque, nuvole inaspettate o panorami che si dispiegano improvvisi e grandiosi.
La migliore montagna è quella che si presta a fantasie che diventano realtà man mano che la si risale.
Ho letto per la prima volta dell’Ondezana sul solito libro di G.C. Grassi, che ne proponeva l’attraversata per la punta Chatillon e poi una discesa senz’altro ravanosa. Per anni ho un po’ accantonato questo detritaio del Gran Paradiso, dopo l’esperienza della Roccia Viva. Poi è arrivato lo scialpinismo. E il fascino per l’Ondezana è raddoppiato.
Così, dopo una notte passata sul Teleccio all’adiaccio partiamo verso l’agnognata meta. Due sono le grandi classiche primaverili qui: l’una è questa meta, l’altra è la Becca di Gay, dove al mattino vediamo dirigersi alcune persone. Poi una folla ci fagocita improvvisamente: c’è la gita sociale del CAI UGET. Sono molto simpatici e ogni tanto qualcuno mi chiede chi sono: così in tanti faticano a conoscersi tutti a memoria.
La salita del primo ripido canalone è per me la parte più impegnativa. La neve è raggelata dalle piogge e non mi sento sicuro nemmeno se mi accoltello. Mi rampono per un centinaio di metri, poi mi accoltello, poi bastano le pelli… queste gite sono così, tutto un improvviso cambio di mezzi di progressione. Ecco in definitiva il tran tran strumentale di questa salita primaverile:
- a piedi dal Teleccio fino a metà muanda.
- pelli fino a metà canale
- coltelli fino a tre quarti canale
- ramponi fino al Piano delle Angelere
- coltelli fino al Ghiacciaio del Teleccio.
- pelli sul pianoro glaciale
- ramponi per superare un ripido, ma breve canalino che adduce al pendio terminale della vetta
- pelli fino in cresta
- ramponi fino in cima
Gasp!
pelli e coltelli noi siamo i più belli
i ramponi van bene purchè siano buoni
a piedi si fa in fretta se la neve è duretta
ma se la neva manca lo sci in spalla ti stanca
Tra queste amene vicissitudini la vista si fa sempre più meravigliosa, dalla vicina Torre del Gran San Pietro ai Becchi, compreso il vicino Becco di Valsoera, le cui pareti da qui appaiono ancor più slanciate e imponenti. Sorprendente e piacevole l’ingresso nel pianoro del Ghiacciaio del Teleccio, un circo glaciale recondito, incastonato nell’incombenza della Torre del G.S. Pietro e l’Ondezana. L’arrivo sulla spalla di quest’ultima è annunciato da un enorme ometto. Da qui ci si diverte con picca e ramponi per arrivare alle accatastate pietre della vetta, dove il panorama è commovente, indimenticabile e impossibile da descrivere con la ragione.
La vecchia nuova guida delle sciate nel Canavese parla di una discesa davvero ragguardevole. È proprio così, la sciata è divertente ed elegante, tra ampi pendii eterogenei e sostenuti. Crosta portante e polvere all’inizio, poi un firn perfetto e pappone solo nel ripido canale finale. Il pomeriggio, a cose fatte, addensa già le nubi del consueto peggioramento finesettimanale.
Sono oltremodo grato all’amico Jcr per questa affascinante gita sulla neve. Vorrei dedicare questa giornata all’amico Angelo che non ha potuto venire. La stagione dello sci primaverile sta per finire, ma non è ancora finita…stay tuned!