La montagna degli alpinisti medi(ocri?)
Il libro di Gaston Rebuffat sul Monte Bianco resta a mio parere ancora oggi un’ottima fonte di ispirazioni e sogni nel mondo dell’alta montagna alpina.
Quello che in particolare affascina di questa raccolta di itinerari è l’entusiasmo con cui sono proposti. Rievoca il modo genuino con cui si preparano certe salite, dal desiderio alla meticolosa pianificazione, la relazione sintetica, ma efficace, lo studio delle carte. E magari alla fine perchè no, forse anche la vera salita stessa.
Dall’esempio di questo libro G.C. Grassi trasse il suo sulle ascensioni tra le Valli di Lanzo ed il Gran Paradiso.
Oggi su Internet – e mi riferisco in particolare ai social – si trova tanto materiale per preparare una salita, tuttavia manca un po’ di quell’entusiasmo che trasmettevano libri come questi. Prevale più l’interesse all’aspetto atletico, al grado, alle polemiche sulle etiche varie. Forse c’è anche da dire che molte salite classiche di ieri sono diventate banali per molti arrampicatori sempre più forti di oggi.
Eppure, proprio il libro di Rebuffat mi ricorda in qualche modo un ottimo sito Internet di relazioni davvero esemplari. Di quelle che trasmettono il fascino della montagna. Parlo di montagnavissuta.it, il sito di Achille Quarello. Le vie qui riportate non sono “difficili”, e quindi aperte ad un vasto numero di salitori opportunamente preparati. “Qui si parla di ghiaccio, di roccia, di alpinismo, di arrampicata (oltre che di escursionismo e di natura), ma se ne parla dal punto di vista di un alpinista “medio”, di un alpinista “qualunque” (si dice anche “della domenica”). Ma questi termini vanno specificati, perché il loro uso si è andato modificando nel tempo. Io li intendo come li si utilizzava una volta, quando le medie difficoltà erano il terzo e il quarto grado, non il quinto e il sesto. La stessa cosa si può dire per le salite su neve, ghiaccio e misto. Inutile dunque cercare in queste pagine ciò che non vi si può trovare: strapiombi, vie estreme, ghiaccio verticale, difficoltà elevate.” – afferma Achille nella sua introduzione. Ad esempio grazie a questo sito mi sono appassionato allo sperone est della Vierge de l’Aroletta.
Moltissime volte a fare la differenza tra una via ed un’altra non è il grado o le protezioni (possibili o presenti), ma la sua atleticità. Uno strapiombo di IV è assai più arduo di una placca di V+, magari superata con un paio di aderentissime pedule.
Restando invece alla zona del Bianco, un altro libro, questa volta recente, molto ispirato ed in qualche modo stimolante è quello di Marco Ramello. Anche qui “la performance sportiva passa in secondo piano in favore della completezza dell’esperienza“. Le sue relazioni sono precise ed accurate. Sono certo che pur essendo l’autore un ottimo alpinista nessuna salita è banalizzata ed anzi in ogni relazione si trovano sia il fascino per l’ambiente che l’attenzione per certe difficoltà cui è bene prestare cautela. Anche in questo caso ho verificato l’onestà delle relazioni su alcune vie.
Sicuramente ci saranno in giro altre ottime fonti di ispirazione ed altri ottimi autori da scoprire. Buone letture!
Si, alcune salite citate da Quarello sono interessanti oltre che classiche, si potrebbe prima o poi (prima è meglio) combinare qualcosa, magari ci portiamo anche JFB ( e il materiale da bivacco…) Che bastardo che sono!
eh sì ah ah ah
Anche io qualcuna in mente ce l’ho eccome. Mi inquieta però l’ibrido JFB 🙂
ibrido? in che senso? Come il terrunciello di Abatantuono diceva che suo fratello che era un iprito?
Per le grandi imprese della Mauntain Keeplyon army -Armata Brancaleone alpina- nonostante il lento porteur , bisogna scegliere vie che non presentino appigli troppo alti , dove non faccia freddo e che non abbiano passaggi che richiedono una forza superiore ai 700 gr…. allora , con l’aiuto di qualche alpinista , tutto è possibile…
Ecco lo sapevo, vedi? L’ibrido VIVE!
è lui?