La vetta dell’Albaron di Savoia, in territorio francese, sopra Bonneval, è raggiungibile anche dal Pian della Mussa, in Val d’Ala. La cima è individata da un ampio pianoro, davvero suggestivo, il cui punto di massima elevazione è al culmine settentrionale, quotato 3637m dall’IGN e 3627m dall’IGM. Ignoro se esistono oggi precise rilevazioni che risolvano questa ambiguità.
Sul versante italiano è difficile incrociare persone, soprattutto di sabato, risalenti in giornata dal Pian della Mussa. Forse la domenica qualcuno sale dopo aver fatto tappa al Gastaldi, soluzione consigliata per chi vuole abbreviare un po’ il percorso venendo da lontano. Si tratta quindi di una meta ideale per chi vuole apprezzare panorami davvero ampi e selvaggi in piena solitudine. La relativa semplicità dell’itinerario consente anche di salire da soli, senza corda essendo il Glacier des Evettes completamente chiuso e innevato.
La prima neve in genere si incontra sul lungo Pian Gias. Nei pressi della Punta Collerin negli ultimi tempi molti preferiscono salire direttamente sul Ghiacciaio del Collerin. In realtà è preferibile stare sotto la parete SW della Chalanson per raggiungere il Passo di Chalanson Superiore. Sembra che ci si allontani dalla meta, ma non è così, ci si porta anzi già più indentro in territorio francese, con una salita più agevole e quasi sempre senza ramponi.
Il senso della vista è continuamente attratto dalle conformazioni che svela il lungo vallone morenico, che rivela man mano nuove montagne e laghetti azzurri del disgelo. Giunti al Passo di Chalanson Superiore spunta finalmente l’Albaron. La spianata detritica è suggestiva, un paesaggio ora lunare, ora marziano quando il rosso prevale e una buona foto potrebbe tranquillamente sembrare scattata dal Curiosity.
Lasciata la spianata del Passo, si sale la parte superiore del Glacier des Evettes che va ad appoggiarsi alla Sella d’Albaron, la cresta che unisce il Monte Collerin (sul confine italiano) e l’Albaron. A poche decine di metri dalla Sella si trova il pistone che sale dal Refuge des Evettes, indizio che porta a pensare che questa meta sia molto più frequentata dal versante francese, visto che da quello italiano non ci sono tracce.
La cresta finale si risale ormai senza ramponi. Conviene ignorare le tracce che immancabilmente si portano in piena parete, all’inizio più semplici e poi più insidiose. La giornata calda ed incredibilmente tersa rende ancora più straordinario l’incredibile panorama che si apprezza dal pianoro sommitale, composto da lastroni di micascisti e calcescisti.
La vetta è senz’altro un osservatorio privilegiato sulle cime più alte delle Graie: la Charbonnel per le Meridionali, il Gran Paradiso per le Centrali e il Bianco per le Settentrionali. Ma la vista spazia anche sul Delfinato (la Barre des Ecrins), il Monviso e il Monte Rosa.
In questo periodo il ritorno viene agevolato dai numerosi pendii di neve portante che si distendono fin quasi al termine del Pian Gias.
Una giornata da solo, passata in solitudine. Incontrata una coppia poco prima della vetta e un veloce camminatore solitario sul Pian Gias. Sulla cima mi sono assopito un attimo e dopo almeno un’ora ho cominciato a fatica la discesa, perchè con una giornata così, dopo tanto maltempo, è difficile tornare indietro. È difficile lasciare la bellezza. Ma la bellezza è così, effimera, la si cerca a lungo e quando finalmente la si trova è già ora di lasciarla, per conservarla solo nella tenerezza dei ricordi.
Fantastica, io ho fatto un Salto alla Lera 🙂
bella “passeggiata” 🙂
Grazie per la bella foto! E’ stato un piacere incontrarti e intuire che condividiamo lo stesso incanto per queste giornate grandiose.
Un caro saluto Marina e Walter.
Una piacevole sorpresa, piacere mio! Vi auguro buone salite, un caro saluto 🙂