C’è un tempo per combattere
e un tempo per sognare,
un tempo per raccogliere,
uno per seminare;
e un tempo per andarsene:
ora quel tempo è mio,
arrivederci, padre,
illuminato da Dio.Un Dio che sollevava il mare
come una punizione,
per distinguere gli altri uomini
dalla sua vera nazione:
ma, padre, qui c’era un popolo,
piantato nella terra,
e la terra non può darla Dio,
ma la fame, l’amore di averla.
Come mi pesa questo canto,
padre, tu non sai quanto!
Ma non lo senti che è più forte
la vita della morte?
Shalom padre, shalom, io vado via.
Ma dov’è casa mia?A furia di tenerci insieme
per salvare quel che siamo,
ci mancan, padre, gli altri, gli altri,
quelli che noi non siamo;
ci manca, anche se avessimo
soltanto noi ragione,
l’umiltà di non vincere
che fa uguali le persone.E invece li strappiamo via
in nome del Signore,
come sterpaglia e funghi d’acqua,
nati qui per errore,
dovesse mai succederci,
ad esser troppo buoni
di fare chissà poi per chi,
la figura dei coglioni.
Arrivederci, padre, o forse addio:
mio nonno, era mio nonno il padre mio!Dio, come brucia questo canto
brucia più del mio pianto,
padre, perdonami, ma è più forte
la vita della morte;
shalom, padre, shalom, io vado via.
Ma dov’è casa mia?Arrivederci, padre, o forse addio:
era mio nonno il vero padre mio,
cancellato come un numero
dalla lista delle spese,
ma così tanto più grande
delle offese.Dio se mi brucia questo canto
brucia più del mio pianto,
ma tu non senti che è più forte
la vita della morte;
shalom, padre, shalom, io vado via.
Ma dov’è casa mia?