Traversata dal Galenjoch allo Stecknadelhorn
Mai lasciare le cose a metà. C’è ancora spazio sulle Alpi per qualche lunga traversata. La Nadelgrat, nel Vallese, unisce ben quattro cime che superano i 4000m: Dirruhorn, Hobärghorn, Stecknadelhorn e Nadelhorn. Ci sarebbe da aggiungere anche la Lenzspitze, ma è fuori mano, diventerebbe un itinerario un po’ troppo lungo ed illogico, obbligando un ritorno al Nadelhorn.
La traversata classica integrale prevede le prime quattro cime, noi l’abbiamo fatta fin sotto il Nadelhorn, dove è possibile ricongiungersi alla via normale di quest’ultimo a poche decine di metri dalla vetta.
Per la topografia consiglio le ottime cartine pubbliche della Svizzera. Il primo giorno si sale da Gasenried al Galenjoch. Una lunga camminata su morene. Si segue il sentiero della Bordierhutte fino al bivio della Europahutte. Qui il sentiero che conduce alla Bordierhutte prosegue a sinistra, in orizzontale. Occorre invece proseguire diritti, in direzione dei detriti dove questi terminano a sinistra verso la parete rocciosa. Avendo cura di restare non troppo distanti dal bordo roccioso, in circa 100m di dislivello si intercetta facilmente il sentiero che proviene dalla Bordierhutte, in questo tratto molto ben segnalato da ometti e tracce.
Si segue così il vallone, ora meno inclinato e a tratti nevoso, verso sinistra (est). Si giunge in prossimità del versante del Riedgletscher. Si torna a salire tra ripidi detriti fino al Galenjoch (o poco più in alto, a ovest). Proprio sullo spartiacque, lato Zermatt, si trovano ottime piazzole per dormire.
Il giorno dopo…basta seguire la cresta! In ottime condizioni: facile e lungo l’accesso al Dirruhorn. Non ci siamo nemmeno legati, a parte una breve doppia. Poi scendiamo al Dirrujoch. Qui arriva un accesso diretto dal ghiacciaio, una scorciatoia dalla Bordierhutte. È terribile solo l’idea di pensare di salire su un terreno così infido e franoso. C’è addirittura chi preferisce salire dalla Mischabelhutte, e fare andata e ritorno la cresta dal Nadelhorn al Dirruhorn. Se l’obiettivo è portarsi a casa i 4000 e fare in fretta, forse questa è la soluzione migliore. Se invece si desidera fare un bel giro, logico e interessante, la nostra soluzione è quella preferibile.
L’ambiente è straordinario, facili creste nevose si succedono a ripide sezioni rocciose, da fare a tratti con i ramponi. La salita all’Hobärghorn è su rocce verticali, ma appigliatissime. La seguente sezione verso lo Stecknadelhorn sembra difficile, ma è solo delicata e non ci sono ostacoli peggiori di quelli sin qui incontrati. Tutto sta nel sapere aggirare gli spuntoni nel modo corretto, e non allontanarsi mai troppo dalla cresta per evitare pericoli. Il rebus si interrompe sulla vetta dello Stecknadelhorn (croce e piccozza di vetta).
L’ambiente è straordinario, ma comincia a grandinare. La discesa sulla normale del Nadelhorn è laboriosa, in ghiaccio vivo. Alcuni di recente hanno avvitato dei chiodi, si evince dai buchi. Anche la discesa dal mite Ulrichshorn è terribile, tutta in ghiaccio vivo.
Sul pianoro glaciale invece c’è un metro e mezzo di neve fresca. Questa poi… Nessun segno dei crepacci, inevitabile finirci dentro.
Ma non è finita, la sezione terminale del ghiacciaio è in ghiaccio nero, seraccato, pericoloso. Scendiamo con una doppia su rocce mobili.
Ecco perchè non c’è gente in giro: quest’anno i ghiacciai sono impercorribili già ad inizio luglio!
Al rifugio la gentile gestrice ci conferma che è stato un anno anomalo: molto caldo e senza neve in inverno. Ci offre un tè.
Mi spiace non fermarmi lì una notte. Ridiscendiamo a valle, giungendo a Gasenried alle luci delle frontali. Sono stati due giorni bellissimi: dormire sotto le stelle a 3350m, trovare il cammino in ambienti selvaggi e luminosi, riempirsi i sensi di queste montagne incredibili e solitarie. Ci si stanca, ma si sta davvero bene.
Qui devo fare i miei più sinceri complimenti a Giorgio, che con i suoi settanta anni suonati ha percorso questa lunga cresta di buon passo e di buon umore. Al sole, sotto la grandine, sulle creste e… dentro i crepacci. La sua compagnia e la sua leggerezza hanno dato il valore che conta a questo tipo di ascensione, l’unico valore che conta.