Vettenuvole

Reali fantasie di nuvole, montagne e altre amenità

Dove sarà il masso del Camerletto?

Pietra Alta
La pietra alta, a Caselette

Sì, molto belli i giorni del solstizio, però a dicembre succede spesso che non ci sia quella divertente neve per sciare, o il ghiaccio. Magari, invece, ci sono le influenze! E quindi, ebbene sì, rivendico la mia stagione: l’estate; mica questa fatta di giorni umidi e corti. Eppure, come dice Guccini, tocca bene vivere tutte le stagioni.

Mi sono ritrovato un inatteso e gradito regalo: il libro Sassismo spazio per la fantasia, in cui l’autore Gian Carlo Grassi racconta la sua meticolosa catalogazione di ben quaranta massi erratici della bassa Val di Susa.

Massi per arrampicare, poco più che un banale strumento per divertirsi un po’ a bassa valle quando non si può andare in alto? No, c’è ben di più tra queste righe. C’è il Nuovo Mattino, quella vitalità che riscopre il piacere della montagna anche sull’altopiano o, come in questo caso, addirittura in pianura. C’è, ancora, un grande rispetto per l’ambiente e l’ecosistema. Quei massi che vengono sistematicamente abbattuti per farne davanzali o per far spazio all’urbanizzazione qui vengono accuditi e protetti quasi come cose vive. Perchè parte di un ambiente che racconta una lunga e grandiosa storia, quella della glaciazione che li trasportò qui dalle alte quote, depositandoli dove mai te li saresti aspettati. A vederla così sembra una di quelle imprese disperate e colossali, alla Fitzcarraldo. Come in un sogno, il ghiacciaio trasporta il suo masso fino in pianura e lì lo lascia per sempre. I sogni hanno il potere di muovere le montagne.

Dice Alberto Paleari in un recente libro, (un altro sorprendente regalo): nella sua imponente solitudine il masso erratico è il simbolo di tutte le imprese impossibili e disperate, e forse è soprattutto per questo che da sempre i massi erratici sono stati presi di mira dai cavatori: per l’invidia che c’è negli uomini meschini per tutto ciò che è più grande di loro, e non solo per il valore economico derivante dall’aver già fatto i ghiacciai il lavoro di trasportarli a valle.

I massi della Val Susa sono in parte scomparsi, non perchè pietre di valore, ma soprattutto per far spazio alle case e alle infrastrutture. Trovandomi tra le mani la guida di Grassi il primo pensiero è quello di andare a vedere se ci sono ancora.

Così a Caselette ho trovato la Pietra Alta lì al suo posto. Il libro, scritto trentacinque anni fa, sembra scritto ieri. Non nascondo la sorpresa: anche le vie di salita sono ancora tutte numerate e percorribili!

Fa freddo e ho ancora l’influenza: rinuncio a fare sassismo, ma non posso non notare la severità dei gradi. A questo proposito mi viene in mente quando, circa undici anni fa, mi ritrovai a salire la Rosenkrantz all’Uja di Mondrone seguendo la relazione di Grassi. Anche lì i gradi erano severi e la relazione sintetica. Ebbi la pessima idea di scriverne una relazione su un social (Gulliver), citando ironicamente i gradi severi come rimando alla letteratura di Grassi. Doveva essere chiaro che era una via classica e poco ripetuta, poco chiodata, e la mia relazione non riusciva e non aveva nemmeno l’ambizione di essere uno schema dettagliato metro per metro. Qualcuno se la prese male, qualcuno si perse. Ma la cosa peggiore è che infine in quella relazione spuntò una foto con su disegnata una via che non aveva nulla a che vedere con la Rosenkrantz all’Uja di Mondrone.

Sulla Rosenkrantz all’Uja di Mondrone

Non mi piacciono i social network dove diversi contributi poco chiari finiscono con le migliori intenzioni addirittura per imbrogliare una informazione. Vanno presi con molta cautela, casomai le relazioni meglio cercarle su siti di cui si conosca precisamente la fonte e di cui si abbia fiducia.

Abbandono questi pensieri, e la pietra, per cercarne altre. Il secondo masso è il Masso della Torre della Vigna. Lo si raggiunge dal “magnifico pianoro” (così definito, non a torto, da Grassi) che si trova procedendo per la stradina posta alla partenza dei sentieri del Musinè. Che oggi, come sempre, brulicano di gente.

Il magnifico pianoro

Trovo la pietra, ma è irriconoscibile, circondata da alberi anzichè da un prato. I numeri delle vecchie vie non ci sono più, ne restano altre, un po’ alla rinfusa.

Masso della Torre della Vigna

Poi cerco anche il Masso del Camerletto. Lo trovo a fatica, tant’è che non sono sicuro di riconoscerlo. Le vecchie foto sbiadite del libro non aiutano. Il masso si trova sotto alcuni pini, in un sottobosco disordinato che in altre stagioni richiederebbe la guerra alla processionaria. Trovo un segno rosso sbiadito e nient’altro. Sarà davvero il Masso del Camerletto?

Chi lo sa, il giorno volge al termine e… mi ha lasciato di sasso. Ritrovare questi…cimeli della glaciazione è stato un po’ come fare una caccia al tesoro, tra luoghi dimenticati a pochi passi dalle folle. È davvero come diceva Gian Piero Motti.

Ah, questo non è erratico, ma mi piaceva un sacco!

Bibliografia

  • Gian Carlo Grassi – Sassismo spazio per la fantasia – 1982
  • Alberto Paleari – L’altro lato del paradiso – 2018
    • capitolo La solitudine dei massi erratici

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