La recente scomparsa del nostro grande alpinista è stata una triste sorpresa.
Walter Bonatti ha rappresentato penso per molti un classico esempio di eccezione: la semplice e risoluta coerenza, una capacità fuori dal comune di sognare e fare. Una eccezione accompagnata alla semplicità di una persona normale.
Chissà perchè il nostro paese tratta male questi valori. Sembra che chi abbia idee e la capacità di realizzarle si debba scontrare con un muro di reticenze e ostacoli. Il caso del K2 è ormai ben noto.
Quanti densi libri di e con Bonatti. Dal Pilone Centrale alla tragedia di Vincendon e Henry sul Monte Bianco, Walter Bonatti appare sempre come chi si salva dalle situazioni più disperate, aiutando i compagni in difficoltà. È il più forte, che vien da chiedersi come fa, dove la trova quell’arte di resistenza, forza, energia, capacità. Come già per Cassin, non è certo ispirato da un qualche dio, lo rivela anche in una recente intervista su TV Mountain.
Certo, se fosse mancato già sul K2, evenienza probabile in quella situazione, sarebbe stato un gran imbarazzo in meno per alcuni, ma una grave mancanza non solo per l’alpinismo.
Bonatti ha sempre arrampicato con la corda di canapa anche quando avrebbe potuto far diversamente, per mantenere un corretto paragone con chi lo aveva preceduto. Senza compromessi, solo perchè gli andava di fare così. Cosa che dovrebbe far riflettere chi si proclama oggi trad e propaganda la demolizione degli spit, salvo poi salire con corde leggere e scarpette. Ma questo discorso è certo complicato, penso sia corretto che in qualche modo l’alpinismo o qualunque cosa sia “l’andare in montagna” debba esser possibile con ogni tecnica e sfumatura. Il problema di oggi è quando etiche e regole dettate a tavolino sembrano prevalere sull’esperienza umana. Un abisso senza uscita.
Bonatti è stato il vero interprete dell’avventura vissuta: non regole, ma realizzazioni. Voglia di andare sempre oltre. Trovare qualcosa di bello da ricordare. Walter Bonatti sorrideva sempre. Un grandioso esempio d’interpretazione della vita.
Grazie Marco,
Per le tua bella descrizione di un gigante dell’alpinismo che purtroppo ci ha lasciati.
Paolo
Beh, lui è stato forse il più forte della sua generazione, ed anche il più audace senza lasciarci le penne anzi la pellaccia, se penso alla sua via sul Dru con l’attrezzatura che aveva mi viene la pelle d’oca, a mio parere una delle più grandi imprese di sempre su roccia nelle Alpi. Carattere difficile, dicevano, ma grande scalatore!