Vettenuvole

Reali fantasie di nuvole, montagne e altre amenità

L’ultimo cacciatore

Mi riempio gli occhi di questa luce. Ci sono persone che trovano questo ambiente ostile, a me piace, perchè è puro, semplice, dà la giusta dimensione del vivere – questa è l’introduzione di Norman, uno degli ultimi trapper che abita nelle foreste del Canada, la cui esistenza è minacciata dalle industrie del legno.

Fa riflettere questo brillante documentario, girato così bene da confondersi con un vero proprio romanzo. Una vita primordiale, ma non primitiva, è ancora possibile nelle selvagge e sterminate terre del Grande Nord, dove la caccia ha ancora un senso, quello originale, e fa parte integrante dell’ecosistema dal quale ne è invece uscito l’uomo della città. Il messaggio è semplice: è lo sfruttamento massivo e indiscriminato delle risorse a distruggere la natura, non l’uomo quando ricava dall’ambiente la giusta misura per sopravvivere.

Al contrario i lupi non attaccano mai l’uomo, questo succede solo nei libri – ammette il trapper quando ricorda d’aver lasciato colpevolmente i cani alla mercè dei lupi.  Un’altra lezione della vita dell’uomo come parte integrante dei meccanismi della natura. Forse in Canada, terra di spazi sterminati, esiste ancora una parvenza di quella vita ancestrale che qualche decina d’anni fa esisteva ancora tra le nostre montagne e che oggi è definitivamente tramontata.

La narrazione è scandita da una fotografia meravigliosa e una bella canzone di Leonard Cohen. Non si resta indifferenti e l’intenzione dell’autore viene trasmessa con efficacia.

Quando non si ha più scelta, si è obbligati a trovare un lavoro in una città.

Il grande nord (Le dernier trappeur), 2004

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