La lunga cresta che dal Gran Paradiso scende verso la Valle Orco, offrendo poi lo spartiacque con la Valnontey, individua una catena di montagne tra le più selvagge del Parco. Tra queste una delle più sorprendenti è la Roccia Viva, nota alpinisticamente per una dura parete nord e morfologicamente per un effimero laghetto sulla cima, che invero io non ho mai rinvenuto. La via normale sale invece per un canale sinuoso, con una pendenza massima di 45° ed esposto a sud.
È con un po’ di perplessità che decido di tornare su questa bella vetta. I canali primaverili esposti al sole sono sempre un po’ difficili da indovinare. Non sai mai lo zero termico cosa combina, che neve trovi, che pericoli trovi. Però mi ero promesso ancora un canale, l’occasione è delle migliori, la compagnia anche.
Così eccoci al Carpano giusto un attimo prima che scoppi il solito temporale grandinigeno, tra galli forcelli indaffarati nelle loro danze nuziali. C’è ancora tanta neve, la copertura uniforme inizia intorno alla quota stessa del bivacco. Oltre a noi ci sono altri tre simpatici alpinisti, con i quali condivideremo la salita il giorno successivo.
Nella notte il cielo sereno prepara un ottimo rigelo notturno, così si mettono i ramponi dalla partenza e la salita è davvero agevole. Giunti alla Bocchetta del Monte Nero l’alba rischiara già la Becca di Gay e la Roccia Viva. Siamo in quattro, alla Bocchetta arriviamo in tre e alla fine solo l’agguerrita Bruna non desiste e mi accompagna nel canale Coolidge, che in circa 300m di dislivello conduce in cima.
La neve è ghiacciatissima, entrano solo le punte dei ramponi, non si lascia alcuna traccia ed una picca in più non mi sarebbe spiaciuta. Il temporale oltre i 3500m ha lasciato festoni di neve appiccicati alle pareti rocciose, che appaiono di un bianco patagonico.
Arrivati al colletto, da cui brevemente in vetta, capisco perchè è bello venire qui. Ecco apparire tutte le montagne del vicino massiccio del Grampa. Il tormentato ghiacciaio della Tribolazione contrasta con la lunga e verdeggiante Valnontey, che ancora riposa nell’ombra. E poi l’Herbetet, la Becca di Montandaynè. E lontani il Bianco, il Cervino, il Monviso, il Delfinato… ma insomma si vedono davvero tutte le montagne delle Alpi Occidentali da qui! È come se all’improvviso cambiasse la percezione delle cose, da quassù la natura offre uno sguardo immenso e commovente.
Però è già ora di tornare, il canale si scalda e se da un lato concede una discesa più agevole, perchè ora si fa una buona traccia, i festoni cominciano a scongelare ed a far precipitare blocchi di ghiaccio e roccette. L’aria però resta fresca e mantiene ancora ottimali le condizioni della neve.
Scendiamo, ma la giornata in fondo è appena iniziata. Il ritorno alla folla del Pontese sarà lento e tranquillo, quasi a voler fermare il più a lungo possibile il sapore della bella salita.
Grazie a Chiara, Bruna e Dario, a loro devo questa salita, ottimi compagni per un weekend perfetto in uno dei miei luoghi preferiti delle Alpi! Un doppio grazie a Bruna per avermi accompagnato in cima e per alcune foto.