Vettenuvole

Reali fantasie di nuvole, montagne e altre amenità

Selvaggio Blu e dintorni

Stiamo parlando di uno dei trekking più famosi d’Italia e d’Europa. Inizialmente accantonato come viaggio per coppiette in cerca di svago o gite di gruppo per emozioni da comprare, va rivalutato per l’assoluto pregio ambientale.

Ovviamente, come tutti i posti belli, sconta una definizione da aggiornare. Di selvaggio non è rimasto nulla, a parte i sentieri scomodi e che si perdono. Per scelta hanno deciso di tenerli così, quasi come li avevano scoperti, benchè i tratti più “tecnici” siano stati in parte ammorbiditi con corde fisse. Abbiamo trovato un solo tratto di III dove occorre ancora obbligatoriamente arrampicare qualche metro.

Per quanto riguarda le famose cale, le spiagge dove originariamente avrebbero dovuto esserci i posti tappa, la scelta di Baunei è stata netta. Niente escursionisti, che ci vorrebbero passare la notte, ma sì ad un afflusso turistico diurno a base di gommoni e traghetti. Il contrasto per il camminatore è devastante. Dopo ore di cammino in luoghi di entroterra talora ancora poco visitati arrivi nella folla più totale. L’esempio di Cala Goloritzè è calzante.

Intendiamoci, la folla escursionistica non è da meno. Le aziende che organizzano la logistica offrono ogni soluzione, ti puoi anche fare portare il cibo pronto e magari acqua per la doccia. Quindi gruppi anche molto numerosi si concentrano nei posti tappa: è in parte comprensibile la scelta di inibire le spiagge più belle al bivacco notturno, pur sposandosi all’ipocrisia che apre la porta quotidiana agli approdi navali.

Chiarito questo concetto di “selvaggio”, resta tutto il resto, che non è poco. Non è vero che è solo un luogo di avventure preconfezionate: il luogo è oggettivamente bellissimo e unico nel suo genere. Andateci in gruppo, con chi volete, da soli, con tutti i viveri sulle spalle o fateveli portare, ma andateci. Merita.

I primi due giorni sono dedicati in particolare all’entroterra, con la scoperta dei primi ovili e dei vecchi sentieri, talora costruiti con precari intrecci di legno di ginepro su baratri impressionanti. Gli ultimi due giorni si avvicinano di più al mare, bellissimo, di un blu intenso e l’ambiente diventa meraviglioso. I passaggi sono affascinanti, tra cenge esposte, fenomeni carsici, grotte, calate in doppia su pareti verticali.

In particolare l’ultimo giorno occorre prevedere qualche ora di coda per affrontare le doppie, a causa dei numerosi gruppi che affollano il tracciato. Tuttavia, rispetto a quanto temevo, le sia pur lunghe tappe non sono poi così lunghe e non si rischia di fare notte. Si tratta di un percorso che può essere, anzi deve essere, tranquillamente assaporato con calma. Lasciatevi trasportare dalla calma del mare, dal colore degli altopiani, dalla varietà degli ambienti. Si tratta di una esperienza anche fermarsi a riflettere su come questo territorio aspro sia stato con enorme fatica colonizzato e vissuto: gli ovili sparsi ovunque sono una testimonianza indelebile della fatica umana, ma anche di tradizioni e culture uniche, di assoluto valore.

Perdersi con criterio

L’ultima osservazione sul percorso riguarda i sentieri. Faticosi, sovente dissestati, difficili. Ciononostante – anzi, cionondimeno! – si viene continuamente depredati dall’ambiente circostante: cespugli rigidi e spinosi tenteranno in ogni istante di strapparvi qualcosa di dosso. Bene i pantaloni corti (qualche graffio non fa male), bene le scarpe da trail (non è vero che si distruggono, se sono buone), purché sia roba un po’ attillata, senza troppi fronzoli che si incastrano in questo intrico di rami.

Infine, è vero che ci si perde senza un buon GPS, per cui ne consiglio uno “vero” e con una buona autonomia di più giorni. Potete vedere questo trekking come un gioco di caccia al tesoro, con il GPS sempre in mano. La traccia che si trova sul sito di Verin non è sempre perfetta. In particolare le mappe recenti includono il tracciato e il più delle volte (non sempre!) è più preciso. Quindi guardate le differenze e non ostinatevi troppo a seguire la traccia ufficiale se questa si ricongiunge a breve.

Il GPS consente sempre di camminare tranquillamente, senza rischio di equivoci. Un po’ di attenzione va posta dove il terreno diventa verticale e tecnico, ma qui troviamo in genere qualche traccia di passaggio e casomai aiuta la guida di Verin. L’unico posto in cui davvero ci si perde è l’arrivo del terzo giorno all’Ovile Piddi (variante Ololbizzi). La guida avverte: “qui inizia un tratto abbastanza complicato da individuare”. Col senno di poi oggi consiglierei quando arrivate qui di leggere bene le indicazioni. Ad un certo punto occorre abbandonare la valletta per salire decisamente a destra (senso del cammino). Il GPS è equivoco perchè ce lo siamo trovati a segnare il sentiero 10m a destra, ma c’è in mezzo una parete verticale, che noi alla fine abbiamo deciso di scalare in free solo (III, ad Angelo è piaciuta tantissimo).

Logistica meticolosa

Sulla complicatissima logistica trovate informazioni ovunque. Non trovandosi acqua sul percorso è quasi impossibile farlo in autonomia di viveri. Ci siamo affidati allora alla Cooperativa Goloritzè, fatta di persone che segnalo per competenza, passione e efficacia.

Il problema principale è portare tutta l’acqua alla loro sede. Noi siamo in quattro e un’auto può essere piccola. Sabrina ha avuto l’idea  geniale di farsela portare alla Cooperativa direttamente da un supermercato. La formula di viaggio scelta è stata quella di due passaggi al giorno, con acqua e cibi da noi preparati e suddivisi prima.

Rispetto alla guida di Verin, dal momento che i rifornimenti avvengono tramite fuoristrada (a parte il primo), ad esclusione della prima tappa (è sempre a Porto Pedrosu/Cuau) i punti di bivacco sono così spostati:

  • 1° giorno: Porto Cuau (a Pedrosu c’erano già una cinquantina di persone)
  • 2° giorno: ovile Su Tesaru. Di Cala Goloritzè abbiamo parlato prima. Non si può stare per legge alla cala e comunque non ci starebbero così tante persone probabilmente.
  • 3° giorno: l’arco Su Felau è bellissimo, ma non ti rifornisce nessuno lì, inoltre è un luogo troppo piccolo per così tante persone. Si segue la quarta tappa verso la variante Ololbizzi (porre estrema attenzione al tracciato!) per arrivare in zona Ovile Piddi.

Il peso del clima

Si viaggia leggeri con i rifornimenti esterni, ma tre litri di acqua conviene averli nel sacco perchè fa davvero caldo, anche a fine settembre. In più per le tappe che prevedono le doppie occorre il materiale da arrampicata. In quattro due corde da 50m per la doppia del quarto giorno è necessaria.

Un paio di notti ho dormito all’aperto perchè faceva troppo caldo.

Per fortuna non ha mai piovuto a parte un po’ di pioviggine l’ultima notte. È molto importante avere bel tempo per apprezzare i luoghi, ma anche il troppo caldo è un problema. Probabilmente viaggiare a fine ottobre è meglio per il calore, ma potrebbero essere più frequenti le bizzarrie climatiche che rischiano di compromettere il benessere dell’escursione. Un po’ di caldo è meglio di vento e pioggia di cui quest’isola non è avara nei periodi sbagliati.

Bibliografia essenziale

Dintorni

Il Selvaggio Blu è un percorso di quattro giorni. Con una settimana a disposizione si possono inventare altre camminate nei dintorni. Nel nostro caso, il primo giorno abbiamo salito la ferrata degli Angeli all’Isola Tavolara, un luogo che merita davvero una visita!

Al ritorno del Selvaggio Blu ci siamo ancora fermati una notte alla Cooperativa Goloritzè per avere un giorno da dedicare ai dintorni, assolutamente interessanti. In particolare il percorso escursionistico che porta a Cala Mariolu viene deluso solo dall’arrivo ad una spiaggia sì bellissima, ma estremamente affollata e meta continua di traghetti.

L’ultimo giorno lo abbiamo dedicato ad una visita nei pressi di Tiscali (Oliena), dove un percorso escursionistico conduce a recenti ritrovamenti neolitici dell’età del bronzo.

Ringraziamenti

Beh come diceva De Andrè Da qualche parte troverete scritto “a cura di”, “arrangiamenti di” e qualche altra doverosa e professionale gratitudine stampata da una macchina disperata, senza amici. Io ho degli amici… Le difficoltà e le bellezze di questo viaggio sono state condivise con amici a cui va la mia ammirazione per l’ottima riuscita di ogni particolare. Grazie quindi a Sabrina (nostra preziosa organizzatrice instancabile), Gabriella (esperienza, grazia e simpatia in una sola persona) e Angelo con il quale ho il privilegio di condividere belle gite da oltre un decennio.

Commenti

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.