Il tempo è una marea
ci trascina via
sommerge i desideri
spazza via gli amori
E una volta ancora è tempo di confonderci
di guardarci andare e di voltare pagina
Questa ultima rotazione terrestre (che sarebbe poi da ricondurre al giorno del solstizio, non ha tanto senso celebrare il 31 dicembre o il primo gennaio) ci ha regalato molte ombre ed alcune luci che fa piacere ricordare.
Se da un lato l’assenza dell’inverno ha relegato lo scialpinismo come attività minore, la lunga estate, ben oltre i suoi confini meteorologici, ci ha donato giorni di bella passione in montagna. Dalla prime gite sull’Argentiere, poi la Lenzspitze e l’agognata Biancograt al Bernina. Che dire poi della bellissima traversata dell’Obergabelhorn in una grandiosa giornata estiva d’ottobre.
Non solo il clima cambia, ma anche la frequentazione della montagna. C’è tanta gente che fa alpinismo e va in alta quota. Un esempio su tutti l’incredibile affollamento sulla nord della Lenzspitze. Sugli itinerari più classici la magia è ormai quella non solo di trovare ottime condizioni, ma anche non troppe persone.
Sicuramente ne beneficiano i rifugi alpini, dove alla ressa degli alpinisti si aggiunge quella degli escursionisti la cui meta è quella del rifugio e basta. I gestori più intelligenti lo hanno capito, rendendo appetibili i propri locali anche al turismo gastronomico. L’alpinista d’antan reclama perchè i rifugi sono pieni di turisti e rubano spazio a chi usufruisce del riparo per agevolare il raggiungimento della meta. Che sarebbe poi lo scopo primario del rifugio. D’altra parte questa trasformazione è positiva e democratica. Il rifugio albergo consente a tanta gente di andare in montagna e conoscerla in un contesto di turismo qualificato. Ci tocca accettare lo stress e la difficoltà di non trovare più posto nei rifugi, prenotati mesi prima da chi non è poi così interessato al tempo perfetto che si può conoscere solo a qualche giorno di distanza.
Un articolo sulla rivista del CAI di Irene Borgna traduce perfettamente i nuovi tempi. Negli anni ’80 la domanda classica al gestore era “c’è posto?”. Negli anni ’90 la domanda diventa “c’è da mangiare?”. Negli anni 2000 diventa “cosa c’è da mangiare?”.
E così anche noi non abbiamo trovato posto al Remondino per salire la Nasta (tutto pieno da un mese) o alla Bietschhornhütte per salire la bella montagna patrimonio unesco. Chissà, magari con un po’ di fortuna il prossimo anno riusciremo a coniugare bel tempo, condizioni della montagna, condizioni nostre e afflussi nei rifugi.
C’è ancora tanto bello da fare e da vedere, ma l’aria che si respira in giro diventa pesante. I nuovi nazionalismi promuovono interessi e orgogli di parte che mal si coniugano a quelle spinte globali che richiederebbero decisioni su larga scala per la mitigazione del climate change.
Per fortuna c’è l’Unione Europea, uno motivo d’unione tra tanti problemi, ma flagellata da dissidi e scandali, guerre in Europa e un rigurgito militare della NATO del tutto antistorico, basato su missioni ben diverse da quelle originali.
Se da una parte sono tramontate vecchie ideologie, altri peggiori radicalismi fanno proselitismi nella rabbia e nelle tragedie della gente. Si pensi al razzismo, alla xenofobia, al femminismo, al mai sopito fanatismo religioso. Ogni scusa è buona per chiamare castighi e leggi speciali che ricordano brutti tempi. Sicuramente i fatti di cronaca incoraggiano queste spinte. Ancora non abbiamo sentito pretendere le scuse da tutti gli automobilisti per i sempre più frequenti atteggiamenti violenti sulle strade, violenze inaccettabili spesso promosse da futili motivi, pazzia, stress. E in tutto questo furore si perde il senno del perché succedano certe cose.
Che la gente abbia voglia di menare le mani poi lo vediamo in ogni angolo. Non solo nelle follie personali, ma anche a livello sociale siamo ben lontani dalle manifestazioni pacifiste di pochi decenni fa, anzi ben venga la guerra in Crimea o il genocidio operato dai sionisti in terra santa.
E così si accoglie di buon grado l’aumento delle spese militari a scapito di una sanità ormai ridotta in brandelli, nonostante il grave monito portato dalla pandemia e dalla successiva crisi economica. I segnali ci dicono di muoverci in una direzione, le propagande vanno nella direzione opposta.
Tutti ci auguriamo che resistano le nostre democrazie, dove ancora sembra esserci libertà di opinione, ma – lo vediamo – il main stream informativo è sempre più una perentoria voce unica sui gravi problemi mondiali e non esiste più una opposizione forte di una autorevole e coraggiosa posizione alternativa. Come cantava Guccini, dai manichei che urlano «o con noi o traditore!» libera nos domine. Le uniche voci di dissenso, talora forse genuine, arrivano solo dai complottisti novax preoccupati dalle scie chimiche. Da perdere ogni speranza. Così le percentuali di affluenza alle urne sono ogni volta più basse, un altro segnale fortemente negativo.
Ecco, ci muoviamo tra questi flutti, è disarmante, c’è solo da sperare e resistere. Buon anno